Tracce selvagge - Rally delle donne Komoot nei Balcani


Ci sono viaggi che si scelgono. E poi ci sono quelli che ti scelgono. Il Komoot Women's Rally in Montenegro è stato quest'ultimo: un invito silenzioso che ha bussato al mio cuore in un giorno qualunque. Una storia vista per caso su Instagram e che, tuttavia, ha aperto la porta a qualcosa di profondamente reale.
680 chilometri. 14.800 metri di altitudine. Sessanta donne. E una sola promessa: lasciarsi sorprendere. Non ho studiato il percorso. Ho scelto la libertà. La verità? Non ho nemmeno guardato il percorso.
Certo, l'ho scaricato, ma non ho controllato ogni salita, ogni rifugio, ogni dettaglio. Sono partito così: verso l'ignoto. Perché quando si viaggia in autosufficienza, ci si può fermare dove si vuole, piantare la tenda dove si vuole, accendere un fornello da campo e respirare il cielo.
L'unica regola: non lasciare tracce se non nella memoria. Così è iniziato il mio viaggio: con il cuore aperto e il profondo desiderio di esplorare la natura selvaggia del Montenegro.

 

Il primo chilometro non è mai l'inizio

 

Ogni viaggio inizia molto prima della prima pedalata. Per me inizia a casa, nella mia cucina, preparando con cura ogni dettaglio: sacchetti di frutta secca, barrette energetiche fatte in casa, pasti disidratati porzionati uno a uno per i giorni selvaggi che mi aspettano. Per questo rally, ho scelto la mia Kona Unit X, la mia fidata compagna di tante avventure: solida, instancabile, affidabile. Accanto a lei, la mia sellaREGAL in carbonioleggera e confortevole, fatta apposta per il bikepacking. Il mio allestimento è stato pensato per dormire sotto le stelle, con un approccio essenziale ma completo. Nel tempo ho imparato che la leggerezza è una forma di libertà: ogni oggetto in più è un peso fisico e mentale. Il vero segreto? Lasciare a casa il superfluo e portare con sé solo ciò di cui si ha veramente bisogno. Ogni grammo risparmiato diventa un chilometro in più di piacere, agilità e respiro.

Non avevo un piano preciso. Solo un'intenzione: vivere l'avventura per quello che è. Senza filtri. Nessuna aspettativa. Solo io, la mia bicicletta... e una linea su una mappa.

 

 

Sessanta donne. Sessanta battiti di cuore. Una direzione

 

Il giorno della partenza, a Podgorica, ci siamo riunite: sessanta donne provenienti da tutto il mondo.
C'erano cicliste esperte, ultrarunner e donne alla loro prima avventura in solitaria.
Ma ciò che ci univa era qualcosa di più profondo: la voglia di esplorare, di spingersi, di condividere. Fin dal primo giorno, tutto è stato perfetto. Il team di Komoot ha organizzato ogni dettaglio con cura e passione, creando uno spazio sicuro e autentico per ciascuna di noi. Dai workshop pre-gara al supporto sul campo, dall'energia contagiosa all'incoraggiamento silenzioso, ci siamo sentiti parte di qualcosa di grande. Qualcosa di speciale.

E sono bastate poche pedalate per trasformare gli sconosciuti in sorrisi familiari.
Ho incontrato Helena e Maxine, abbiamo condiviso questa esperienza, qualche chiacchiera, un paio di salite... e costruito un'amicizia che durerà ben oltre il traguardo.

 

 

Le montagne non mentono

 

Il Montenegro è una terra cruda. Selvaggia, aspra, meravigliosamente imprevedibile.
All'inizio ti sussurra... poi ti travolge senza chiedere il permesso. Il primo giorno dopo Korita, abbiamo attraversato un passo di montagna coperto di neve, a quasi 2.000 metri di altezza. Nessun avvertimento. Solo neve fresca sotto i piedi, vento gelido sulla pelle e un silenzio profondo rotto solo da respiri veloci e pneumatici che affondavano nella fanghiglia. In quel momento abbiamo capito che non si trattava di un semplice viaggio. Era una vera sfida e il Montenegro non aveva intenzione di darci tregua. Abbiamo spinto le nostre biciclette in silenzio, con le dita intorpidite dal freddo e gli occhi spalancati dalla meraviglia. Eravamo lì, circondati da un paesaggio immobile dove l'inverno sembrava aver dimenticato il calendario. Era maggio. Ed era una magia, di quelle che ti restano dentro. Quella notte ci accampammo nella natura selvaggia. Un campeggio selvaggio, sotto un cielo che si estendeva all'infinito. È stato il primo di molti momenti in cui ho pensato: "Sì, questo è il mio posto nel mondo".

 

 

Ogni giorno è un dono

 

Il percorso, tracciato con amore e maestria da Bea, ci ha condotto attraverso paesaggi mozzafiato:

Il Parco Nazionale del Durmitor, con le sue cime frastagliate e l'aria sottile, mi ha ricordato le mie amate montagne abruzzesi.
La fiabesca baia di Kotor, protetta da pareti rocciose che sembravano dipinte a mano.
La città murata di Budva, dove i gatti dominano le strade e il tempo scorre più lentamente.
Il canyon del fiume Tara, il più profondo d'Europa, che ci ha fatto sentire minuscoli sotto quel cielo immenso.
E ogni giorno, naturalmente: il burek, la pasta sfoglia di origine turca in tutte le sue versioni, sempre più buona, sempre condivisa.

 

 

Quando si torna, non si è più gli stessi

 

L'ultimo giorno siamo tornati a Podgorica. Esausti, infangati, disordinati... e vivi. Non siete più gli stessi. Sono stati otto giorni di lotta e di meraviglia, di pioggia e di sole, di risate condivise e di salite interminabili, di cibo tradizionale mangiato a gambe incrociate per ground e di panorami che ti toglievano il fiato. Giorni di pedalate in un silenzio profondo e di battiti accelerati, di montagne maestose e di piccoli gesti di sorellanza.
Otto giorni che hanno lasciato un segno. Ogni salita ha tolto qualcosa di superfluo. Ogni discesa ha restituito qualcosa di vero.

 

Avete imparato che potete farcela. Che non è necessario essere "pronti", che si può essere forti e fragili, stanchi e gioiosi, selvaggi e gentili allo stesso tempo. Tutto ciò che serve è una bicicletta, un pizzico di incoscienza e il desiderio di scoprire.


Ci vediamo alla prossima manifestazione.

 

Giulia De Panfilis
@_rebelside_